La domanda di revoca o di riduzione dell’assegno di divorzio in base al solo mutato indirizzo giurisprudenziale è destinata a fallire
Il richiamo al mutamento di giurisprudenza non è sufficiente per giustificare la revisione dell’assegno divorzile
Con la sentenza n. 1119 di data 20.01.2020 la Corte di cassazione ha enunciato un principio di particolare importanza in merito alla tematica dell’assegno divorzile, profondamente toccata negli ultimi anni da pronunce di portata epocale.
Nel 2017, infatti, la sentenza nota come “Lamorgese” ha cambiato radicalmente l’ottica esistente in materia di assegno divorzile: se, fino ad allora, si riteneva che l’assegno avesse la funzione di garantire il tenore di vita matrimoniale precedente, con la sentenza in questione si è sostenuto che l’assegno avrebbe la sola funzione di garantire al coniuge più debole quanto è sufficiente per vivere (ovvero, secondo varie sentenze, circa mille euro al mese).
Nel 2018 sono poi intervenute le Sezioni Unite, allo scopo di dissipare ogni dubbio circa l’avvenuto passaggio da una tutela quasi eccessiva del coniuge richiedente l’assegno ad una tutela in alcuni casi particolarmente ridotta e non soddisfacente alla luce delle caratteristiche del caso concreto.
Con la sentenza n. 18287 del 2018, dunque, la Suprema Corte, pur confermando l’abbandono del parametro legato al tenore di vita matrimoniale e la rilevanza del criterio dell’autosufficienza economica, ha sottolineato che l’assegno deve pur sempre svolgere una funzione compensativa e riequilibratrice. In sostanza, qualora il coniuge più debole abbia rinunciato alle proprie prospettive di carriera ed abbia così contribuito alla formazione del patrimonio e allo svolgimento dell’attività professionale dell’altro coniuge, egli – in presenza di un insieme di condizioni – avrà pur sempre diritto ad un assegno, quale riconoscimento del ruolo concretamente svolto nell’ambito della vita familiare.
Ci si è chiesti, successivamente, se il coniuge tenuto al pagamento dell’assegno possa chiedere la revisione dello stesso, ed in particolare la sua cessazione, semplicemente alla luce del nuovo orientamento giurisprudenziale.
Ebbene, con la sentenza n. 1119/2020 la Cassazione ha così deciso: qualora un coniuge sia tenuto a versare l’assegno divorzile in favore dell’altro, non potrà chiederne la riduzione o la cessazione solo perché la giurisprudenza in materia è mutata.
La revisione dell’assegno, quindi, potrà essere richiesta solo qualora siano mutate le condizioni economico-patrimoniali delle parti rispetto al momento in cui l’assegno era stato disposto (es. perdita del lavoro da parte del coniuge tenuto al pagamento); diversamente, l’assegno rimarrà tale e quale, benchè la funzione e la concezione dello stesso siano radicalmente mutate rispetto al passato.