La perdita del feto non è equiparabile alla perdita di un figlio

Il livello solo potenziale e non reale del rapporto fisico e psichico tra genitori e figlio da luogo a parametri di liquidazione diversi

La perdita del feto non è equiparabile alla perdita di un figlio. I parametri di liquidazione del danno sono diversi.
Cass. Civ. Sez. III, 20 ottobre 2020 n. 22859

Con la sentenza in esame la Corte di Cassazione ha preso in esame la vicenda di una coppia che aveva subito la perdita del feto che attendeva dopo essere giunta quasi alla fine della gravidanza ottenuta tramite procreazione medicalmente assistita.
Per tal motivo veniva richiesto il risarcimento del danno non patrimoniale al nosocomio ove i fatti erano avvenuti, ritenendosi il fatto addebitabile ad un comportamento negligente dei sanitari che avevano preso in cura la donna.
In primo grado la richiesta di risarcimento veniva negata, non essendo stato rilevato un nesso causale tra la morte del feto e la prestazione sanitaria. Contro tale decisione veniva proposto appello; a seguito del rinnovo della consulenza, all’esito del giudizio di secondo grado il risarcimento del danno veniva effettivamente riconosciuto ma in misura ridotta rispetto al caso della perdita di un bambino già nato.
La Corte di Cassazione ha confermato la posizione della Corte d’appello, ritenendo che fosse quantificabile solo in minima parte il danno da perdita del rapporto con il bimbo mai nato, dato il livello solo potenziale e non reale del rapporto fisico e psichico tra genitori e figlio.
Il rapporto vero e proprio si sarebbe creato solo in seguito, dopo la nascita non avvenuta, con i propri genitori e la propria famiglia; di conseguenza, il risarcimento è stato quantificato parametrandolo ad una relazione affettiva solo potenziale e non concreta.

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